Amatrice, il sindaco: «No ai selfie fra le macerie, mando via chi li fa»


Amatrice, il sindaco: «No ai selfie fra le macerie, mando via chi li fa» Da Corriere della Sera di - del 18-04-2017 - Attualità

Lo sfogo di Sergio Pirozzi, mentre molti residenti sfollati hanno scelto per le ferie di tornare nella cittadina. Celebrazioni di Pasqua anche nelle zone colpite dal terremoto, il vescovo di Rieti: «Da noi ogni giorno è Venerdì Santo, da quando è stata piantata una croce»

«Non venite ad Amatrice per farvi i selfie sulle macerie, sennò mi arrabbio». Lo ha detto il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, intervenuto in diretta al Tg3 durante un collegamento dal Comune devastato dal terremoto del 24 agosto. «Stamattina - ha proseguito Pirozzi - ho sorpreso e cacciato via in malo modo delle persone che si stavano fotografando accanto alle macerie».

La Pasqua degli sfollati
La Pasqua si è sentita con molto raccoglimento anche nella cittadina simbolo del sisma del 24 agosto. Dopo la Via Crucis, la speranza nella preghiera della Pasqua e nel ritorno al suono di 5 campane recuperate dalle macerie di altrettante chiese del territorio, anche per il Lunedì dell’Angelo sono in molte le persone che hanno scelto di restare ad Amatrice. Cittadini residenti, ma anche proprietari di seconde case, o di quel che ne resta, tornati nell’Alto Lazio per tutto il ponte pasquale. Riparte da questo segnale di appartenenza la primavera dei territori del Centro Italia duramente colpiti dal terremoto, da quella «comunità partecipe» alla quale ha fatto riferimento, nelle sue omelie, anche il Vescovo di Rieti, Monsignor Domenico Pompili, che ha ribadito come «l’aiuto dello Stato da solo non basta, seppur tempestivo e concreto. Soltanto attraverso l’integrazione di quello che è il compito delle istituzioni e quello che è invece il compito di ogni persona si può pensare di riprendere il cammino.

Bisogna camminare insieme, cercando di mettere davanti sempre il “noi” della comunità, rispetto a quelli che pure possono essere i diritti legittimi di ciascuno, perché senza uno sguardo più ampio è difficile affrontare tutte le difficoltà legate ad una devastazione come quella a cui abbiamo assistito in questi mesi. Da noi ogni giorno è Venerdì Santo, da quando è stata piantata una croce».

Mons. D’Ercole: «Situazione ancora molto precaria»
Durante la domenica di Pasqua, molte persone hanno preso parte agli eventi organizzati durante la giornata nel cuore del Campo Lazio: concerti, momenti musicali, che per un momento hanno regalato un attimo di «normalità» alla popolazione amatriciana. «La situazione attuale dopo alcuni mesi dal terremoto continua ad essere molto precaria», dice alla Radio Vaticana il vescovo di Ascoli Piceno mons. Giovanni D’Ercole, che proprio prima della Settimana Santa ha potuto riaprire il duomo di Sant’Emidio, mentre a Pasqua ha celebrato nella chiesa di San Cristoforo una Messa con i terremotati, come ha fatto anche giovedì scorso con quelli ospitati negli alberghi della costa marchigiana.

«Credo che il bisogno più grande che la gente ha in questo momento sia quello di speranza, di prospettive, perché il tempo passa e forse le promesse fanno fatica a diventare realtà. Di conseguenza guardano al futuro con una certa diffidenza e paura. Hanno bisogno di qualche certezza, che qualcuno sia accanto a loro - aggiunge -. Le istituzioni sono state presenti, non me la sento assolutamente di dire che sono mancate, anzi, hanno fatto il possibile, ma credo che l’intervento da porre in atto sia stato tanto vasto che non si arriva a tutto». Una Pasqua diversa e dura, perché le ferite del sisma sono ben visibili, anche nelle terre colpite dell’Umbria.

«Necessità di sicurezza, tranquillità e fiducia»
«C’è necessità di sicurezza, di tranquillità e di fiducia - rileva mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia -. Sicurezza e tranquillità nel senso che ci vogliono le case, sono arrivate alcune casette di legno, ne mancano altre, ci sono delle abitazioni multiple fatte con i container, dunque la gente piano piano ritrova un po’ di normalità, però certamente ci vuole la stabilità data da una struttura sicura e da un ritmo di vita tranquillo». «C’è la necessità che le chiese ritornino ad essere utilizzabili. Purtroppo tante sono state distrutte o danneggiate gravemente - aggiunge -. Dunque adesso, con l’aiuto di Caritas Italiana, stiamo cercando di procurare dei luoghi di culto stabili. Credo che l’emergenza sia per tutti, quindi anche le istituzioni devono far fronte ad una situazione particolarmente grave. Qualche ritardo c’è e questo giustifica un po’ l’amarezza e la frustrazione della gente».



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