LODE ALLA MADONNA (Affetti e Pensieri)


Affetti e Pensieri
dell'anima mia,
lodate Maria
e Chi la creò.

Ignudo e tremante
su povero fieno
scaldandolo al seno
lo strinse e baciò.

Per propria virtude
salito Egli al Padre
per esserci Madre
nel mondo restò.

Evviva Maria
Maria evviva;
Evviva Maria
e chi la creò.

E in rozza capanna
di pii pastorelli
il latte e gli agnelli
benigno accettò.

E fatta maestra,
con vori divine
d'esempi e dottrine
la Chiesa illustrò.

Per farla sua madre,
Pria d'esser fanciulla
Ifin dalla culla
Iddio la mirò.

Fuggendo in Eggitto
gl'inganni e la frode
dall'aria d'Erode
illeso il serbò.

Tacendo ed orando,
con fatti e parole
l'eretiche scuole
per tutto impugnò.

Fra l'altre donzelle
più pura la chiamo,
che il fallo di Adamo
non mai la toccò.

Maestro e fanciullo
nel tempio smarrito
con gaudio infinito
alfin Lo trovò.

E sazia del mondo,
per girne al suo Sposo,
in sonno amoroso
amante spirò.

O' santi pensieri
Fù bella, fù bruna,
e il sole e la luna
La cinse ed ornò.

Per Lei fra le nozze
giulivo e contento
l'ondoso elemento
in vino cangiò.

Con morte beata
al Figlio congiunta,
dagli Angeli assunta
al cielo volò.

Per Madre di un Dio
dell'Angel chiamata,
la prole incerata
nel grembo portò.

Che fece, che disse
quand'egli languia,
e in tanta agonia
nell'orto sudò!

Maria degli afflitti
spezzò le catene,
del parto le pene
Maria sollevò.

Né prese in orrore
la stirpe materna
chi origine eterna
dal Padre vantò.

Di dura colonna
provava i flagelli,
sentiva i martelli
quand'Ei s'inchiodò.

Ed Ella rivolta
al Figlio diletto
mostrandogli il petto
lo vinse e placò.

Tutt'arsa d'amaore
in terra frattanto
di Spirito Santo
ripiena n'andò.

Di barbare spine
provava i martiri,
e sparse i sospiri
se sangue Ei versò.

O stella del mare
a te fa ricorso,
senz'esser soccorso
chi mai d'invocò?

E tanto a lui piacque
che, in fasce ristretto,
per povero tetto
il cielo lasciò.

Invitta e dolente
a piè della Croce
coltello feroce
il cor Le piagò.

Lassù fra le stelle
dirai al Signore
che un vil peccatore
tue lodi cantò.

Da lungi ti adoro
albergo divino
che il verbo Bambino
A Te s'incarnò,

Schiodato dal legno
si lacero e morto
che fosse risorto
costante aspettò.

Che cinto e difeso
dal sacro Tuo manto,
in premio del canto
l'inferno scampò.

E un Dio si possente
già fatto suo Figlio,
qual rosa qual giglio
nascendo spuntò.

     


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