Cinghiali & colture: si è perso il bandolo della matassa


Cinghiali & colture: si è perso il bandolo della matassa Da Il Giornale di Rieti di Sonia Santarelli del 05-03-2014 - Attualità

Passano i «secoli», ma poi ci si può sentire come Cassandre

Cari lettori, vi invito a ricordare gli articoli trascorsi sull'annoso problema economico, sociale, occupazionale e risarcitorio che la questione cinghiali rappresenta sia livello locale che nazionale. Mi riferisco al territorio di Amatrice, tra i più depredati in tutta la provincia di Rieti. E non c'è difesa.

Per noi contadini ci sono pochi strumenti legali. Da contadino e coltivatore, nella terra che era di mio nonno, aro, freso e semino per raccogliere, nei diversi periodi e a seconda delle colture, i giusti frutti del mio lavoro. Ricopro il seme e vado a dormire. Ma all'indomani la solita mandria di cinghiali ha scavato il mio terreno seminato rendendo in poco tempo nullo il raccolto. Bene, anzi male.

Mi reco di buon ora agli uffici provinciali, regionali, di salvaguardia e metto al corrente tutti dei fatti disgraziati accaduti. Ovvio, serve la marca da bollo: firmo, controfirmo e con una pacca sulla spalla mi si dice che per il momento «abbiamo fatto il necessario, ma che i fondi non ci sono». Questa è una certezza, ma non è l'unica: quest'anno non avrò da mietere e dovrò acquistare fieno e biade. Una pazzia.

Perché sento che tutti abbiano perso il «bandolo della matassa»? Perché dopo 20 anni dove abbiamo vissuto la lenta morte di un economia agricola, agrituristica e meccanica stiamo ancora tutti, ognuno per la sua competenza, immobili in attesa del niente. Ieri ho speso 156 Euro per notificare un atto di diffida stragiudiziale agli organi preposti, per fare in modo che questa terra possa dare ancora «pane». A noi e a chi sarà dopo di noi.

E non ci si deve fermare alla conta numerica delle piantine divelte delle semine negate dai musi distruttivi dei cinghiali. Vogliamo andare oltre: credo che 20 anni siano stati sufficienti a dimostrare che quel verso e l'attuale gestione dei danni prodotti da questi ungulati sia sbagliata. È nostro dovere avere il coraggio e la maturità di un popolo civile per trovare per questi animali ambiti, luoghi, e laghi differenti.



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